Spunti di riflessione al dibattito sulla tenuta del sistema democratico
Di Alessandro Baracchi. Dottore in giurisprudenza.
Abstract
Il presente scritto intende fornire alcuni spunti di riflessione di carattere prettamente costituzionale in relazione agli strumenti normativi adottati dal Governo e dagli altri “protagonisti” in campo per fare fronte all’emergenza “coronavirus”, ossia il ricorso a un decreto legge “pilastro” (dapprima il d.l. 23 febbraio 2020, n. 6 – “Misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19”, convertito in legge, con modificazioni, dalla l. 5 marzo 2020, n. 13; e successivamente il d.l. 25 marzo 2020, n. 19 “Misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19”, ancora in attesa di conversione in legge), e a regolamenti ministeriali volti a compiutamente attuare il decreto legge (i noti D.P.C.M. e D.M.), i quali appaiono invero nel merito ricalcare, sia pure con significative differenze di forma procedimentale e di sostanza, lo strumento dell’ordinanza contingibile ed urgente.
Tale opzione normativa “a due livelli” appare nel suo complesso caratterizzarsi in modo coerente e ragionevole, sia sotto il profilo strettamente operativo che sotto quello sistematico e costituzionale, sia pure non senza taluni possibili profili di criticità.
D’altro canto, l’adozione del modello normativo prescelto nell’emergenza risulta coerente con il sistema delle fonti a patto che resti ancorato a specifici presupposti di “sostanza costituzionale”: la deliberazione dello stato di emergenza, la temporaneità dello stesso e delle misure restrittive; il fondamento dei poteri regolamentari e di ordinanza in una norma di fonte legislativa in ossequio al principio di legalità; l’intangibilità dei principi generali dell’ordinamento giuridico e dei principi sovranazionali; la proporzionalità delle misure, nel bilanciamento con gli altri diritti e valori costituzionali sacrificati dalle misure di contenimento della diffusione del virus.